La meditazione è il mantenimento di uno specifico assetto di attenzione.
Tutti i sistemi di meditazione possono essere classificati sulla base delle strategie per mantenere l’attenzione, che sono sostanzialmente due: la strategia di “concentrazione” e la strategia di “consapevolezza” (o penetrazione).

Nella concentrazione, il meditatore si fissa su un singolo oggetto di percezione, riportando costantemente l’attenzione su questo oggetto, quando divaga. In alcune tecniche, la volontà del meditatore si attiva attaccandosi all’oggetto di percezione scelto come bersaglio e resiste ad ogni divagazione. In altre tecniche, si adotta una modalità passiva, per cui l’oggetto di percezione viene semplicemente rigenerato, quando si è perduto nel flusso di coscienza. Benché questi approcci siano agli estremi opposti della scala attività/passività, sono strumenti equivalenti per ri-orientarsi costantemente su un singolo oggetto e così sviluppare la concentrazione.

Con le tecniche di consapevolezza (penetrazione), i fondamenti teorici dell’attenzione sono identici: osservazione continua, piena, in ogni istante successivo, e vigilanza totale al susseguirsi di pensieri coscienti meditatore.
Tra le scuole di meditazione ci sono pochi generi puri. La maggior parte sono eclettiche e usano una varietà di tecniche di entrambi gli approcci. La necessità che il meditatore mantenga la sua attenzione focalizzata, o attraverso la concentrazione o attraverso la consapevolezza, è l’unico ingrediente invariabile nella ricetta per modificare lo stato di coscienza ordinario fino accedere a stati alternativi della medesima.
Le convinzioni del meditatore determinano il suo modo di interpretare ed etichettare le sue esperienze di meditazione, ma i lineamenti dello stato che il meditatore raggiunge dipendono da come ci è arrivato: il metodo contiene in sé l’obiettivo.

Il cammino di concentrazione porta il meditatore a fondersi con il suo oggetto di meditazione e poi a trascenderlo. Man mano che raggiunge livelli più profondi, la beatitudine diviene più irresistibile e più raffinata. Ogni sistema che usi la concentrazione descrive lo stesso viaggio, anche se ogni scuola impiega termini differenti. Gli attributi chiave di questo stato sono sempre gli stessi: perdita della coscienza sensitiva, attenzione concentrata su un oggetto fino all’esclusione di tutti gli altri pensieri, e sensazioni sublimi di estasi.
Nel cammino di consapevolezza, la mente del meditatore assiste alle sue stesse attività, ed egli giunge a percepire segmenti sempre più fini del suo flusso di pensiero. Quanto più le sue percezioni si affilano, tanto più egli si distacca da ciò a cui assiste, per allontanarsi definitivamente da ogni coscienza nello stato nirvanico. In questo stato non c’è alcuna esperienza di alcun genere. I sistemi che usano la consapevolezza descrivono così il cammino della penetrazione: percezione sempre più fine della mente del meditatore, distacco da tutti gli eventi, e una concentrazione forzata sul momento presente.

Effetti della meditazione sul cervello e sulla salute
L’interesse della scienza occidentale verso le pratiche meditative è documentato innanzitutto dal fatto che le più significative tecniche di rilassamento occidentali vengono elaborate, nei primi decenni del ventesimo secolo, tenendo presente anche l’esperienza dell’oriente.
In particolare, lo psichiatra tedesco J. H. Schultz, combinando le conoscenze sull’ipnosi e la meditazione Raja yoga, elaborò il più famoso metodo di rilassamento ed autoipnosi occidentale: il training autogeno.
Nella seconda metà del secolo scorso iniziarono i primi studi scientifici per decifrare i cambiamenti fisici che si realizzano durante la meditazione. Le conclusioni di queste prime indagini scientifiche sono le seguenti:
– Forte riduzione, a livello cardiorespiratorio, del ritmo del respiro e di quello cardiaco.
– Stato di rilassamento profondo, diverso dal sonno, in cui il cervello è vigile e quieto e l’attenzione è potenziata.
– Diminuzione significativa del consumo di ossigeno.
– Regolazione della produzione di cortisolo, fondamentale ormone dello stress.
– Aumento notturno della melatonina, fondamentale ormone del sonno con funzioni chiave nella sincronizzazione dei ritmi biologici dell’organismo.
– Riduzione della noradrenalina, neurotrasmettitore prodotto sia dalle surrenali sia dal cervello, con ruoli molteplici sull’umore e sul sistema immunitario.
– Aumento della serotonina, neurotrasmettitore di grande rilievo per l’umore (antidepressivo) ma anche per la regolazione della fame e della sazietà.
– Aumento della Dhea (deidroepiandrosterone), ormone prodotto sia dalle surrenali sia dal cervello, con ruoli molteplici sia sull’umore sia sul sistema immunitario.
– Aumento del testosterone, ormone maschile per eccellenza, ma che svolge un ruolo importante anche nelle donne perché, soprattutto in menopausa, costituisce una riserva per la produzione di ormoni femminili (estrogeni), tramite un meccanismo di conversione enzimatica dall’ormone maschile a quello femminile, che si chiama aromatizzazione.
– Maggior controllo dei circuiti neuroendocrini e segnatamente di quello dello stress.
– Aumento della frequenza, dell’ampiezza e della sincronizzazione delle onde alfa. Queste onde cerebrali compaiono normalmente quando si chiudono gli occhi, ma nei meditatori esperti, durante la meditazione, le onde alfa compaiono a livello delle cortecce frontali anche ad occhi aperti.
– Comparsa di scariche di onde teta soprattutto in fase di meditazione profonda.
– Comparsa di onde gamma durante gli esercizi di visualizzazione e non solo.
– Maggiore coerenza cerebrale e migliore comunicazione tra gli emisferi.
La meditazione allena la capacità di attenzione. L’affinamento dell’attenzione dura al di là della sessione di meditazione stessa. La meditazione aumenta la capacità di raccogliere sottili segnali percettivi nell’ambiente e di prestare attenzione a ciò che succede piuttosto che lasciare la mente vagare altrove. Ciò significa che nella conversazione con un’altra persona, il meditatore sarà più empatico, poiché egli può prestare un’attenzione più intensa a ciò che l’altra persona sta facendo o dicendo, e può raccogliere meglio i messaggi inconsci e subliminali che l’altro sta inviando; il meditatore ha una maggiore capacità di ascolto della comunicazione non verbale.
Tutte le tecniche di meditazione sembrano avere la stessa efficacia nell’abbassare il livello di ansia ed aiutare a governare lo stress, ma varia il modo di “riaddestrare” l’attenzione. In particolare, in alcune tecniche che si rifanno a Gurdjieff, i cervelli dei meditatori hanno mostrato una specificità della corteccia, la capacità di attivare solo le aree del cervello necessarie al compito del momento, lasciando invece inattive le aree irrilevanti. Questo è il modo in cui lavora il cervello quando siamo nel massimo dell’efficienza e della vigilanza. Se sono attivate troppe aree, diventiamo sovraeccitati e la nostra prestazione è scarsa; se sono attive troppe poche aree, siamo deboli e inefficienti. L’apparato del cervello e del corpo lavora al meglio quando sono attivate solo le aree che sono essenziali al lavoro del momento.
Le ricerche sulla meditazione hanno messo in luce che meditazione e rilassamento non sono la stessa cosa. La meditazione è, nell’essenza, un modo di riaddestrare l’attenzione: da qui derivano i suoi peculiari effetti cognitivi, come aumentare la concentrazione e l’empatia del meditatore. Inoltre, la meditazione si è rivelata un mezzo potente per attivare la capacità interiore dei pazienti di partecipare alla propria guarigione.

Meditazione e psicoterapia
Molte psicoterapie contemporanee partono da una descrizione della condizione umana simile a quella delle psicologie orientali. Freud, per esempio, ha parlato di “nevrosi universale dell’uomo”. Buddha, d’altro canto, affermava che “tutto ciò che è mondano, è disordine”. Entrambi partivano da una condizione umana di sofferenza. Ma mentre l’intuizione della condizione umana era simile, la risposta differisce radicalmente. Attraverso l’analisi, Freud cercò di aiutare i suoi pazienti ad affrontare, comprendere e riconciliarsi con questa tragica condizione della vita. Il Buddha, attraverso la meditazione, cercò di sradicare le fonti della sofferenza in un riorientamento radicale della coscienza.
Le psicoterapie occidentali lavorano all’interno dei limiti della coscienza, per modificare l’impatto dei contenuti del proprio passato, in quanto esso influenza il presente, o attraverso la ristrutturazione del significato di quei contenuti esperienziali, o attraverso la ristrutturazione del contesto nel quale essi si collocano. Le psicologie orientali ignorano i contenuti della coscienza, cercando invece di alterare lo stato mentale in cui essi sono registrati nella coscienza. Le psicoterapie convenzionali postulano come già dati ed immodificabili i processi mentali, cercando nel contempo di alterare gli schemi socialmente condizionati. I sistemi orientali trascurano questi schemi socialmente condizionati, mirando piuttosto al controllo e all’autoregolazione degli stessi processi mentali.
Le terapie occidentali modificano, rompendolo o affievolendolo, il controllo condizionante che il passato ha sul comportamento presente; la meditazione, invece, mira ad inibire il processo di condizionamento in sé, cosicché non sarà più un fattore determinante, fondamentale delle azioni future. Nell’approccio orientale, il cambiamento comportamentale e della personalità è secondario, un epifenomeno di altri cambiamenti che si verificano, attraverso la volontaria autoregolazione di stati mentali, nei processi basilari che definiscono la nostra realtà.
I due approcci, quello occidentale e quello orientale, non si escludono a vicenda; anzi, possono essere complementari. La loro adozione congiunta può produrre un cambiamento in tutta la persona più radicale e più potente di quanto ognuno di essi può fare separatamente.

Attraverso quali tratti permanenti si manifesta la riorganizzazione della coscienza dei meditatori esperti?
Alcuni studi hanno documentato fra gli effetti duraturi:
– affinamento percettivo
– diminuzione della distraibilità
– recupero accelerato dall’eccitamento da stress
– abbassamento generale del livello di ansia
– diminuzione dei disordini psicosomatici
– incremento degli stati d’animo positivi
– diminuzione dei tratti nevrotici misurati sulla scala di Eysenck
– indipendenza crescente dai segnali situazionali, vale a dire un locus of control maggiormente interiore
– maggiore spontaneità e congruenza
– maggiore capacità di manifestare contatto
– maggiore autoaccettazione
– più alta considerazione di sé
– maggiore abilità ad entrare in sintonia con un’altra persona


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